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La Leggenda

 Per tradizione, la nascita del movimento delle Misericordie coincide con fondazione della Compagnia della Misericordia di Firenze per opera del frate domenicano Pietro da Verona.

A fianco di questa ricostruzione documentale esiste una diversa tradizione popolare che vuole in un facchino dell'Arte della Lana, tal Piero di Luca Borsi, l'iniziatore della Compagnia della Misericordia.

Piero, secondo la leggenda, lavorava a Firenze come facchino per conto della potente Arte della Lana. Un gruppo di questi facchini, fra cui il nostro Piero, aveva l'abitudine, fra un viaggio e l'altro, di rinfrancarsi presso la Buca degli Adimari, una mescita di vino nei pressi della Cattedrale. Le discussioni erano inevitabili e frequenti. Forse per la stanchezza, forse per il vino, certamente per ignoranza, i compagni di Piero si lasciavano andare alla bestemmia del nome di Dio. Piero che era uomo molto devoto, rimproverava questo comportamento dei compagni senza però ottenere alcun risultato.

  

 Ebbe l'idea, allora, di proporre ai compagni di istituire il pagamento di una multa ogni qual volta uno di essi bestemmiasse. La proposta venne accettata e dopo qualche tempo, la somma, costituita dal versamento delle multe, raggiunse una cifra considerevole. Propose, quindi, ai compagni di comprare, con quei soldi, sei ceste da portare a spalla, dette zane, con le quali andare a raccogliere i malati della città accompagnandoli agli ospizi dove sarebbero stati curati. I compagni accettarono e stabilirono un compenso per ciascuno dei viaggi che avrebbero effettuato. Così, secondo il sentimento popolare, ebbe inizio la Compagnia della Misericordia.

La Leggenda Popolare di Piero di Luca Borsi continua a riscuotere un immutato successo fra i Fratelli delle numerose Misericordie che da allora si sono diffuse in tutta l'Italia e nel mondo. La tradizione popolare (ma è, qui, forse il caso di parlare di "Saggezza"), sembra aver disegnato, inconsciamente, attraverso la metafora della Leggenda, il profilo di cosa voglia dire partecipare all'esperienza delle Misericordie. E' per questo motivo, forse, che la Leggenda vive, nonostante tutto e nonostante tutti.

La veste e la sua storia

La forma con cui si svilupparono le attuali Confraternite ebbe origine nel Medio Evo in risposta al  bisogno di pace e misericordia (questo é anche il motto del loro Movimento, sorto spontaneamente con scopi di riconciliazione, subito propagatosi in Europa, diffuso in seguito negli altri continenti) di cui c'era bisogno in quell'epoca perturbata. La fede senza le opere é morta, pertanto dalle opere di penitenza compiute alle origini fiorirono subito abbondanti e svariate attività caritative non disgiunte dal culto pubblico, fatto cioé per mandato della Chiesa Cattolica, pubblicamente, a favore di tutti: data questa evoluzione, la definizione di "Confraternita" é:

associazione pubblica di fedeli, finalizzata specificamente all'incremento del culto ed alle opere di carità, penitenza, catechesi evangelizzatrice non disgiunta dalla cultura.

Coerentemente con lo spirito di mortificazione e di riparazione che fu posto ad origine e che  animò le prime forme di associazionismo confraternale, per manifestare pubblicamente il loro impegno di espiazione per i peccati del mondo e di pacificazione sociale i primi Confratelli e Consorelle si vestirono con rozze tuniche di lino o di juta (richiamo alle vesti di penitenza di biblica memoria), che erano le stoffe più comuni e povere dell'epoca; quando essi definirono la propria struttura, l'abito confraternale (in alcune zone chiamato "cappa", altrove detto "sacco", "veste", ecc.) divenne uno dei principali simboli identificativi, tipici e caratterizzanti di queste associazioni, della loro presenza e dei relativi servizi socio-religiosi, e lo é tuttora.

 La "cappa", i suoi profondi significati, il suo uso, i riti della sua vestizione, sono tuttora validi e vanno riscoperti, sempre tenuti presenti ed osservati perché sono coessenziali tra loro. E'  sbagliatissimo credere che portare la cappa sia semplicemente un uso valido solo fintanto che lo si mantiene, dettato da tradizioni più o meno locali, riservato a limitate circostanze. Anche per questo aspetto la situazione più dannosa é stata la desuetudine e l'abbandono in cui si sono lasciate andare o sono state messe molte cose, senza che ce ne fosse, peraltro, motivo valido e/o fondato, senza preoccuparsi di fare in modo che qualcuno le possa poi ritrovare. Forse può essere comodo credere che sia stato, sia o possa essere così. Purtroppo é vero che spesso mancano gli strumenti o l'interesse (e di conseguenza la preparazione) per affrontare anche questo aspetto,solo apparentemente secondario o forse non più debitamente considerato.

Le indicazioni che seguono desiderano invece prenderlo adeguatamente in esame e farlo giustamente riconsiderare. Per inquadrare l'argomento dell'abito confraternale, del suo uso, dei relativi significati, é fondamentale considerare le norme e le indicazioni al riguardo. E' così possibile capire quale pastorale, ossia quale azione della Chiesa, si vuole svolgere anche attraverso questi aspetti, cosa essa comporti, quali sono le regole cui attenersi per concretizzarla, senza scambiare i risultati con i mezzi per raggiungerli (non basta la cappa per fare la Confraternita, ma una Confraternita senza "abito" non può dire di essere rivestita di qualcosa, sia in senso lato e sia in modo specifico per il valore ed il ruolo dell'abito confraternale)

L'abito indossato dai Confratelli fu realizzato nella forma a càmice tuttora nota, per richiamare la  tunica indossata da Gesù nella Sua Passione Redentrice (la spiritualità confraternale delle origini fu fortemente improntata alla Passione del Signore e per alcuni aspetti lo é tuttora.

In quest'ottica non é difficile individuare, e quindi comprendere, la presenza di alcune parti dell'abito dei religiosi passate all'abito confraternale, come, ad es., lo scapolare (cioé lo "stolone" che poggia sulle spalle e pende su petto e schiena, simbolo anch'esso che si é rivestiti di Cristo e sottomessi a Lui), la corona del Rosario o quella dell'Addolorata (dell'Ordine dei Servi di Maria), lo stemma (più precisamente: il "signum", ossia il sigillo) di un Ordine. Peraltro anche le Confraternite di Misericordia (che non sono legate all'Ordine Domenicano) hanno cappa interamente nera come il mantello del loro fondatore, il frate domenicano San Pietro Martire (e, per altro verso, potrebbero esser confuse con le Confraternite della Morte, che non hanno origine da Ordini religiosi, pur essendo legate ad essi per motivi spirituali).

Ben si comprende, quindi, la precisa norma giuridica che prevede che così come non lo é il titolo (e quindi la natura e lo scopo) dell'associazione, anche la forma ed il colore della cappa non sono casuali né arbitrariamente cambiabili o abbandonabili, perché servono ad indicare e permettono di riconoscere un certo tipo di Confraternita, il suo servizio ed i suoi legami (in termine tecnico si dicono aggregazioni) che esistono (anche per legge)

Se non in limitatissimi particolari od in altrettanto limitatissimi casi, NON c'é nessun richiamo ai paramenti sacri o alla divisa di alcuni ordini cavallereschi. Ispirarsi ad essi per realizzare le cappe é assolutamente errato e quindi non va fatto.

 

SIGNIFICATI

Mettere la cappa non é un gesto superato, superfluo od inutile, ma segno (ossia SIMBOLO che produce determinati EFFETTI) e testimonianza di una presenza cristiana che ha una definizione ed una collocazione precise, perché: la cappa é il segno e la manifestazione dell'appartenenza ad una Confraternita e della partecipazione alla sua azione. NON si é cristiani in quanto appartenenti ad un certo gruppo ecclesiale!). Un Confratello da solo non rappresenta nulla ( la Confraternita ha una struttura organizzata, non é un semplice gruppo di persone che, a parte le loro attività comunitarie, restano considerate individualmente), perciò egli non può pensare di indossare la cappa solo per una dimostrazione parziale o individuale di attività, né di utilizzarla saltuariamente o comunque arbitrariamente o di usarne una qualsiasi, non propria. Essa épersonale sia in vita che in mortedev'essere benedetta e consegnata ufficialmente con l'apposito Rito di Vestizione,dev'essere conservata con cura e portata con dignità da ogni Confratello e Consorella regolarmente iscritti e solo da essi: pur se può essere un gesto di amicizia o può servire ad avvicinare potenziali "novizi", non si deve farla mettere a chi non é o non é ancora iscritto, solo per incrementare il numero di presenze "in abito".

 

La Cappa 

La cappa é un richiamo, ricorda la veste del Battesimo e quindi la dignità sacra di ogni battezzato e il compito che la Chiesa gli riconosce nell'esercizio del culto liturgico, che dà mandato ufficiale di compiere. Essa é anche richiamo alla fine della vita terrena: i Confratelli defunti venivano (e dovrebbero essere tuttora) rivestiti con la cappa (é un atto assolutamente non anacronistico e mai abrogato da nessuno, anzi fu una delle prime regole ad essere fissata, in segno di uguaglianza davanti a Dio, alla fine della vita terrena che si lascia, lasciando assieme ad essa tutte le distinzioni ulteriori di stato sociale, ecc.): questo lodevole e significativo atto, ove sia stato tralasciato, va seriamente recuperato e meditato. Inoltre la cappa é un continuo invito a proseguire nella via di pietà dei fondatori delle Confraternite, che vollero rivestirsi di quest'abito per devozione, penitenza, impegno di vita migliore, e non solo per semplice tradizione:

indossando la cappa, i Confratelli ricordino che si sono rivestiti di Cristo e gli appartengononon ci deve dunque più essere mancanza di sintonia tra spirito e vita; la cappa é distintivo di carità e di amore verso i più bisognosi ed, in certi casi, ancheabito di servizio (ad es. per le sepolture od i soccorsi: quindi, per praticità alcune cappe erano di tela cerata). Essa indica lo spirito di sacrificio con cui i Confratelli sono tenuti ad affrontare il dovere di solidarietà, compiendo il proprio servizio nelle molteplici forme di volontariato secondo lo spirito cristiano (non semplicemente secondo una più o meno accentuataispirazione agli ideali cristiani) di cui le Confraternite sono state precursori ed in cui possono e devono essere continuatrici (beninteso, sempre unitamente al peculiare scopo di culto).

N.B.: tutte le cappe hanno il cappuccio (anche simbolico, se da usare sempre o no, ma é importante che ci sia e che sia visibile), segno di umiltà e di nascondimento; quando questo è calato sul volto non permette di essere riconosciuti, indicando l'anonimato delle buone opere (nessuno sa perciò chi deve ringraziare per il bene ricevuto) e l'annullamento della differenza di classe sociale (sono accumunati il ricco col povero, l'istruito col meno colto...). E' così stimolata e continuamente richiamata la fedeltà alle esortazioni di Gesù: "Non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra." (alcune cappe hanno perfino una manica più lunga dell'altra per ricordarlo!), nonché: "Guardatevi dal fare le vostre opere buone per essere visti dagli uomini, il Padre vostro che vede nel segreto vi ricompenserà.". Nella simbologia del cappuccio si può notare un ulteriore significato, apparentemente contraddittorio con quanto appena esposto: il cappuccio nasconde la

persona, ma questo non avviene per mascherarne l'identità, ma per rafforzare ulteriormente l'annullamento della differenza di classe sociale: dietro il cappuccio ci possono stare tutti e può esserci chiunque, non solo qualcuno che non vuole svelarsi od ha paura o fastidio di farlo.

La cappa é dunque emblema significativo per la decorosa e pubblica espressione del culto e per il generoso servizio di carità, e quindi abito coessenziale all'associazionismo confraternale: pertanto non é possibile abbandonarla (non é lecito né legalmente e né pastoralmente).

 

Perché la veste è nera? 

Il colore è nero, che nel "linguaggio" della Chiesa, simboleggia il sacrificio e la penitenza. Come la veste dei preti. E oggi che i preti la portano poco, quella dei Fratelli della Misericordia è ancor più apprezzata. Cambiarla o aggiornarla sarebbe un errore. La veste è cinta con una corona, anche questa, oggi, in disuso. La benedetta corona del Rosario. Esprime lo spirito di preghiera e di devozione alla dolce protettrice della Misericordia, la Madonna. 

 

Nella preghiera ha le sue radici la fede.

Alla preghiera attinge la sua fecondità, l'amore. 

La veste ha anche un cappuccio, detto "buffa", che simboleggia l'anonimato dell'opera buona.

 La Buffa

 " Buffa" si chiama il cappuccio nero, che nasconde il volto. Per non essere visti. Perché nessuno sappia chi ringraziare. E' il segreto di chi fa il bene senza chiedere un compenso. Soccorrere senza far pesare il soccorso. Carità evangelica. Non sappia la tua sinistra quel che fa la tua destra. Guardatevi dal fare  le vostre opere buone per essere veduti dagli uomini. La "buffa con la veste nera, ha il potere, anche, di livellare i gradi sociali.

La tradizione del Movimento

 

Secondo la tradizione la prima Misericordia, quella di Firenze, venne fondata nel 1244 dal frate domenicano Pietro da Verona, poi divenuto Santo con il titolo di Pietro Martire.
Pietro da Verona giunge a Firenze sul finire del 1244, sotto il pontificato di Innocenzo IV. L'intensa attività di Fra Pietro, rafforza la posizione della Chiesa cittadina e il frate lascia Firenze, ritenuta ormai fedele, verso la fine del 1245.

La "Società della Fede", da lui creata, perde così la sua funzione e sciogliendosi dà vita a tre Compagnie:
- la Compagnia della Vergine, poi detta di San Pier Martire
- la Compagnia del Bigallo
- la Compagnia della Misericordia

Fra Pietro verrà ucciso, nei pressi di Seveso, da eretici patarini nel 1252 e venne dichiarato Santo nel 1253.

Questa ricostruzione dei fatti che dettero vita alla prima Misericordia purtroppo non dispone dei documenti originari, perduti, sembra, a causa della rovinosa alluvione del 1557, ricevendo una conferma soltanto dai documenti amministrativi del secolo successivo.

Fra Pietro comprende bene le potenzialità offerte dall'associazionismo spontaneo dei fedeli, ma l'informalità, l'assenza di Statuti redatti in conformità ai principi stabiliti della Chiesa, espone al rischio di eresia queste forme di aggregazione, tantopiù che il IV Concilio Lateranense del 1215, voluto da Papa Innocenzo III per contrastare l'eresia patarina, aveva fissato limiti precisi all'associazionismo laico. L'assenza di una documentazione originaria troverebbe una qualche spiegazione alla luce di quanto avvenuto in altre Associazioni, ove pare che i più antichi documenti siano stati metodicamente distrutti od occultati dagli stessi Ordini per sfuggire ai rigori dei canoni fissati nel 1215 dal IV Concilio Lateranense e nel 1274 dal II Concilio Lionese. Altrettanto, per motivi anche diversi, potrebbe essere avvenuto nelle Compagnie se è vero che il primo documento conosciuto in cui si cita la Misericordia risale al 1321 ed attesta che, in quel momento, la Compagnia dispone dei capitali necessari per l'acquisto di una casa davanti al Battistero.

Rimane comunque intatta l'importanza del ruolo tradizionalmente attribuito a San Pietro Martire che è certamente colui che ha dato alla prima Misericordia la solidità dell'istituzione.

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